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È ingannevole considerare l’incremento economico come criterio di progresso umano, mentale, culturale. Senza il primato dell’umano, l’economia iperindustriale tende a diventare strutturalmente “diseconomia”, cioè “mancanza di cura”. I concetti di crescita e di sviluppo devono essere interamente ripensati in termini complessi. La questione ecologica va posta come strettamente unita a quella dello sviluppo della società e dell'umanità nella doppia direzione del “fare attenzione” (il sapere) e “prendersi cura” (l’agire). Il consumista e lo speculatore sono persone che non si prendono cura. C’è una concezione dell’economia che conduce alla demotivazione generalizzata: un consumatore strutturalmente irresponsabile e ignorante, un produttore non interessato né al prodotto né alle sue conseguenze ma solo al profitto.
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La perdita della responsabilità e della cura, l’infedeltà sistematica del consumatore come dello speculatore, conducono alla sfiducia sistematica, allo spreco energetico e alla dissipazione della libido, del piacere di vivere.
Non esistono soltanto bisogni da soddisfare e problemi da affrontare: la vita umana va considerata dal punto di vista della sua apertura alla grazia. Citando Aldous Huxley, G. Bateson poté affermare che “il problema fondamentale dell’umanità è la ricerca della grazia”. , la grazia è in fondo un problema di comunicazione delle diverse parti della mente, dove “le ragioni del cuore sono integrate con le ragioni della ragione”
Nell’“economia graziosa”, dove il giusto profitto si combina con la gratuità , ci si orienta all’uso dei beni materiali, prendendo a riferimento i valori della vita affettiva, nei legami famigliari e amicali, nei mondi vitali e nella più ampia società. La fiducia, il desiderio di comunione, l’incontro e l’inclusione diventano le parole chiave della ricostruzione “utopica” (quella che osa sfidare le “regole”), “generosa” (quella che crede nella potenza del dono) e “riconoscente” (quella che è grata per la vita costantemente ricevuta).
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