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L'Economia della Speranza, (The Economy of Hope), è una prospettiva teorica e un metodo operativo la cui elaborazione proviene dal mondo accademico e da pratiche sociali sperimentali di diversi Paesi (Stati Uniti, Svezia, Romania, Giappone, Africa Occidentale) che potrà dare, ne siamo convinti, un contributo significativo anche in Italia.
The economy of Hope è anzitutto un metodo di conoscenza e un framework per l’analisi socioculturale dei fenomeni economici.
Miyazaki, H. The method of Hope Stanford University. 2004; id Arbitraging Japan, dream of capitalism at the end of finance, California Press, London; id. The economy of hope, Penn, Philadelphia 2017. |
L'economia della Speranza, (The Economy of Hope) riguarda ciò che un gruppo, una comunità, un popolo desiderano, ciò che cercano e intendono fare, nel senso forte: cioè l’azione.
La speranza (desiderare una cosa con un'intensità tale da vederla realizzata) è strettamente legata alla fantasia. Nel linguaggio antico "fantasia" significa "apparizione", dice la potenza dell’immagine, orientata all’azione La fantasticheria, invece, desidera ma non è disposta ad agire.
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La speranza, infatti, deve essere organizzata: si deve sapere che c’è una possibilità, che si può immaginare un’alternativa, che esiste futuro.
La possibilità apre il cammino, però si deve “vedere” nella passione per una grande opera sociale, culturale, spirituale, l’unica che possa contrastare la caduta sociale della solidarietà.
Dopo il fallimento del neoliberismo, quale modello di crescita possiamo seguire per uscire dalla crisi?
Come far ripartire la crescita, alla presenza di condizioni avverse? Che cosa significa crescita economica?
Ci sono alternative all’economia capitalistica?
Le persone sono costituzionalmente “egoiste” oppure, come sembrano suggerire alcune importanti scoperte delle neuroscienze, esiste una base neuronale dell’empatia e del comportamento cooperativo?
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La risposta si trova solo ascoltando la vita della gente, le attese e le voci più profonde della società, che vive il travaglio della crisi, ma non riesce a immaginare vie di uscita. Stiamo passando il guado di una trasformazione economica non meno radicale e innovativa della prima rivoluzione industriale. Quello che più sembra mancare è la speranza nel futuro e l’ottimismo della riuscita, l’immaginazione di un’economia nuova e diversa. Sembra oggi predominare un orizzonte teorico economico che non vede alternativa all’agonismo del mercato e considera anzi la competizione come il metodo più efficace che si conosca
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La sfida consiste nel trovare gli elementi essenziali di un nuovo approccio all’economia, in una concezione sostenibile del mercato. Dietro le pagine di questo sito vive un’esperienza che faticosamente sta percorrendo una strada impegnativa ma ricca di piacevoli sorprese, che si ritrova esattamente nel titolo: “Economia della speranza”.
Economia solidale, cooperativa, contributiva, economia del bene comune, governo delle risorse comuni (commons), sistemi centrati sull’open source e sul crowd, mondi non-profit, economia del dono, società post-crescita, sussidiarietà, rifiuti zero… sono solo alcuni dei nomi con cui si cerca di definire modelli economici che, senza escludere il reddito, non pongono il profitto come unico criterio.
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In tanti desideriamo una gestione delle imprese e del mercato diversa dall’attuale.
Emerge dal vissuto dei cittadini e delle famiglie soprattutto una domanda di certezze e di sicurezze in un tempo in cui i legami si sfilacciano e i significati svaporano nel nulla. La saggezza, infatti, s’impara dalla natura. La legge della vita è la biodiversità, la fecondità come espressione della varietà e della contaminazione. La generatività è sempre legata a incontro tra diversi.
Biodiversità in economia significa quindi comporre il maggior numero di diversità: profit e no-profit, aziende capitalistiche e cooperative, imprese sociali e mercanti, banchieri e agricoltori, ma anche manager e pensatori, artisti e mistici.
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La crescita della civiltà è sempre associata a ideali di libertà e utopie di valore.
Per avere qualcosa di nuovo da raccontare, occorre immaginare un percorso non ancora esplorato.
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